Movimento Clara "Resistenza oggi significa rifiutare l’idea che non ci sia alternativa"

27-04-2025 16:18 -

Anche nella nostra dimensione di piccolo comune toscano, questa logica sembra ineludibile. Si pensi, ad esempio, all'idea – data ormai per scontata – di un centro storico trasformato in merce, come nel caso di “Empoli città del Natale”. Tale prospettiva appare oggi come l'unica via possibile per lo “sviluppo” e il progresso urbano. Questa apparente incontestabilità deriva dall'affermarsi, a livello di inconscio collettivo, di una visione che pone la massimizzazione del valore economico al centro di ogni scelta. È quella che Fisher definisce “ontologia imprenditoriale”: l'idea “per la quale è semplicemente ovvio che tutto, dalla salute all'educazione, abdrebbe gestito come un'azienda”.

L'aspetto più paradossale della cultura neoliberista è che questo sistema economico profondamente ingiusto può continuare a sopravvivere solo se le persone pensano che non esista una reale alternativa, se pensano che questo, al di là di tutti i suoi difetti, sia comunque il migliore dei mondi possibili e che ogni politica alternativa condurrebbe inevitabilmente a distopie peggiori. La narrazione dominante – ben sintetizzata dal pensiero thatcheriano – non afferma che questo mondo sia giusto o perfetto, ma che tutto il resto sarebbe peggiore. “Per giustificare il loro conservatorismo, i partigiani dell'ordine costituito non possono davvero dire che questo stato sia meraviglioso o perfetto. E quindi hanno deciso di dire che tutto il resto è orribile”, dice Badiou. È una trappola retorica creata per neutralizzare ogni desiderio di cambiamento, per conservare l'esistente con tutte le sue disuguaglianze. Il capitalismo viene così percepito non più come una scelta politica o ideologica, ma come un dato naturale, indiscutibile, una realtà incontestabile. Resistenza oggi significa invece conquistare la consapevolezza che questa realtà non è affatto naturale, “ribadire che di realista il capitalismo non ha nulla” (Mark Fisher), ma è il risultato di scelte politiche e sociali imposte e radicatesi nel tempo..


“A partire dagli anni ottanta si passò da partiti politici che rappresentavano un'alternanza al modo di produzione capitalistico a partiti che della sua stabilizzazione e modernizzazione fanno la base del loro progetto politico” (Vincenzo Costa, Categorie della politica: dopo destra e sinistra). Oggi, tutta la classe politica è permeata da una visione neoliberale del mondo. Se un tempo esistevano intellettuali e movimenti socialisti o comunisti impegnati nella rappresentanza degli ultimi e nella costruzione di un sistema più giusto, oggi invece la sinistra ha depennato dalle proprie agende i temi dell'emancipazione delle classi lavoratrici e della redistribuzione della ricchezza. Le classi popolari hanno smesso di essere le protagoniste e il fine della vita politica. In questo nuovo assetto, la sinistra non è più portatrice di un progetto alternativo, ma si limita a proporre versioni più “umane” o più “inclusive” dello stesso modello neoliberale. Si parla di sostenibilità, di inclusione, di innovazione, ma sempre nei confini di ciò che è accettabile per i mercati e compatibile con la logica del profitto. La politica si è trasformata in una questione di gestione dell'esistente, e il compito di immaginare un mondo diverso è stato abbandonato come un'utopia infantile.


Ma la storia della Resistenza ci insegna proprio il contrario: che l'utopia non è un lusso, ma una necessità. Resistere significa oggi rifiutare l'idea che “non ci sia alternativa”. Significa recuperare la capacità di immaginare, pensare e costruire altri mondi possibili. Significa contrastare ogni forma di fatalismo, ogni tentazione di adattarsi passivamente all'ordine imposto. Significa, infine, restituire dignità alla politica come spazio di conflitto, di partecipazione e di trasformazione reale. E allora, proprio in un piccolo comune come il nostro, può iniziare una nuova forma di Resistenza. Una resistenza che parte dal rifiuto della mercificazione totale del nostro territorio, dal desiderio di costruire una comunità fondata su valori diversi: la solidarietà, la giustizia sociale, la cura dell'ambiente, la centralità delle persone e non del profitto. Possiamo e dobbiamo riaffermare che lo spazio urbano non è un bene da mettere a reddito, ma un luogo di vita, di relazioni, di storia condivisa.

Recuperare i valori della Resistenza oggi significa anche educarci – e rieducarci – al pensiero critico. Significa creare spazi in cui poter pensare insieme, discutere, dissentire, sognare. Solo così potremo sottrarci alla presa soffocante del realismo capitalista e riscoprire il significato più profondo della parola “liberazione”. Come scriveva Antonio Gramsci, “il vecchio muore e il nuovo non può nascere”: sta a noi, nel presente, lottare perché quel “nuovo” trovi finalmente voce, forma e futuro. Nell'opprimente pervasività del realismo capitalista che ha oscurato con una lunga notte tenebrosa l'intero orizzonte delle possibilità persino la più piccola scintilla di alternativa può avere una potentissima carica rivoluzionaria. Tutto sta nel produrre quella scintilla. “Da una situazione in cui nulla può accadere, tutto di colpo torna possibile”, con queste parole di luce si chiude Realismo Capitalista di Mark Fisher.


Movimento Clara


Fonte: Ufficio stampa