Campo largo o campo giusto: dal referendum le indicazioni per le regionali?
10-06-2025 22:57 -
di Emilio Chiorazzo
Nonostante il mancato raggiungimento del quorum a livello nazionale, il referendum dell'8-9 giugno lascia in Toscana – e in particolare nell'Empolese-Valdelsa – un segnale politico tutt'altro che irrilevante. Nella zona, la partecipazione ha raggiunto picchi ben oltre la media nazionale del 30,58%, toccando il 45,2% a Empoli, il 47% a Capraia e Limite, il 46,2% a Montelupo, e percentuali simili negli altri comuni del circondario. Nonostante il carattere consultivo ormai superato dall'esito, il voto ha fornito un'interessante cartina di tornasole per le forze di centrosinistra in vista delle prossime Regionali.
Intanto il dato dell'affluenza: in nessun Comune dell'Empolese si è raggiunto il quorum, com'era accaduto in altre occasioni quando, fallito a livello nazionale, il referendum di turno regalava almeno moralmente, a quest'area, la sensazione che qui, un deficit di partecipazione non si verificava come altrove. Stavolta no. Ed essendo state impegnate nella campagna referendaria sia i partiti tradizionalmente più impregnati nel territorio che il sindacato più forte dell'area, questo dato deve portare obbligatoriamente a far riflettere.
C'è poi la questione delle alleanze. In Toscana, l'ipotesi di un “campo largo” che tenga insieme Partito Democratico, Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi-Sinistra, ha trovato una sua prima verifica, proprio com'era successo di recente a Genova per l'elezione del sindaco. Ammesso che, sul terreno politico e non dei diritti, tutti questi partiti siano in grado di compattarsi nuovamente.
I numeri parlano: nei comuni dell'Empolese-Valdelsa, la percentuale di “Sì” ha spesso sfiorato o superato l'88%, con picchi significativi sul reintegro dei licenziamenti (scheda verde) e la tutela dei contratti a termine (scheda grigia). Anche sul tema più divisivo, quello della cittadinanza agli stranieri, i consensi hanno superato il 60% in gran parte dell'area. Un orientamento netto verso diritti, inclusione e giustizia sociale. Che possono essere già i primi punti cardine su una possibile alleanza. Ma bastano?
Questi referendum hanno messo in luce anche i limiti di un'alleanza tutta costruita su questioni identitarie e simboliche. Il rischio di restare autoreferenziali è concreto. Lo sottolineano, seppur da prospettive diverse, tanto l'ala riformista del centrosinistra quanto i rappresentanti del sindacato: serve un progetto politico che parli di lavoro e diritti, sì, ma calati nel presente, con uno sguardo pragmatico e propositivo verso il futuro. Non basta evocare il Jobs Act per compattare l'elettorato: occorre offrire risposte su salari, sicurezza sul lavoro, transizione ecologica e sostegno al tessuto produttivo locale. . E' lucida ed esemplare l'analisi che fa Jacopo Mazzantini, segretario della Federazione dell'Empolese-Valdelsa del Pd: «Il risultato rappresenta una sconfitta sui quesiti, ma sarebbe un errore chiudersi in discussioni autoreferenziali. Da qui deve partire un confronto aperto e costruttivo nel centrosinistra, capace di dare risposte concrete ai bisogni del mondo del lavoro e della rappresentanza. Infine, serve una riflessione seria sullo strumento referendario: il nodo del quorum ne limita oggi l'efficacia e impone una riforma che lo renda davvero incisivo sotto il profilo legislativo».
E non è distante l'idea che ha espresso, nel post-voto anche l'ex sindaca di Empoli Brenda Barnini («il risultato consegna al Pd la necessità di essere un partito plurale».
C'è però, da analizzare anche i risultati (per quel che valgono) dei referendum, pur in mancanza del quorum: in Toscana, se si gioisce dell'amaro primato dell'affluenza più alta ma inutile, bisogna prendere atto anche che uno dei quesiti, il quinto, quello sulla cittadinanza, ha ottenuto la percentuale più bassa: uno su tre ha votato no. E questa era una battaglia che da mesi si era intestata proprio il Partito democratico.
La strada, dunque, non è in discesa: ci sono troppi ostacoli, ancora, lungo il percorso, che, nel prossimo autunno propone subito le elezioni regionali: per Eugenio Giani tarda ad arrivare la conferma ufficiale della candidatura per il secondo mandato.
C'è poi la questione del terzo mandato, di cui si discute a livello nazionale, che rischia di complicare le cose, se viene concesso, potrebbero cambiare le situazioni di Antonio Mazzeo, di Vincenzo Ceccarelli, di Giacomo Bugliani, di Enrico Sostegni (Leonardo Marras, Monia Monni e Federica Frantoni, non dovrebbero aver problemi per aver ricoperto la carica di assessore).
E quel terzo mandato che, se accolto in favore di De Luca, in Campania, dove la candidatura proposta dal Movimento Cinquestelle è quella dell'ex presidente della Camera Roberto Fico (per la quale è stato chiesto l'appoggio del Pd) potrebbe mettere in discussione l'accordo anche altrove. E nei penta stellati, da tempo, c'è malumore, proprio nei confronti di Giani.