Giancarlo Cerbioni, il tifoso che racconta l'Empoli in versi

10-09-2025 00:05 -

di Emilio Chiorazzo
C'è un ragazzo che, a metà degli anni Settanta, la domenica pomeriggio si stringe nel sedile posteriore di una Seicento grigia. Non è suo padre a guidare, ma quello del suo amico. Si parte da Marcignana, dieci minuti prima dell'inizio, senza troppa fretta, così c'è meno traffico per strada. Tanto, anche se si arriva che il fischio d'inizio è già stato dato, poco male: l'importante è esserci. Destinazione: lo Stadio Carlo Castellani. Squadra: l'Empoli.

Quel ragazzino ha undici, forse dodici anni. Non ricorda subito bene la prima volta che è entrato in quello stadio, ma ricorda perfettamente l'effetto che gli ha fatto: il campo che sembrava immenso, i portieri che volavano tra i pali, gli attaccanti che cercavano la gloria. Lì, su quei seggiolini, è nata una passione che non lo ha più lasciato. Quel ragazzo è Giancarlo Cerbioni. E oggi, quasi cinquant'anni dopo, quella passione l'ha trasformata in parole. In versi.

"Racconti Azzurri" è il titolo del suo libro: un'opera unica nel panorama calcistico italiano. Una raccolta di storie scritte in rima, tra imprese epiche, personaggi indimenticabili e partite entrate nel cuore della gente. Un modo diverso di raccontare il calcio. Più intimo. Più poetico.
Un libro che ha anche delle immagini ("è stata una idea di Paolo Pinelli - spiega l'autore - e le ha realizzate un giovane, Stefano Lunghi"), spiega l'autore che abbiamo incontrato nella sede del Coordinamento Clubs Azzurri, durante la presentazione ufficiale del libro, affiancato dal giornalista Gabriele Guastella e dal presidente del Coordinamento, Athos Bagnoli, davanti a un folto pubblico. E ne è venuto fuori un dialogo ricco di emozioni, aneddoti e amore viscerale per l'Empoli.



Giancarlo, partiamo dall'inizio: dov'è nato e chi è stato scritto questo libro?
Sono nato a Empoli, e questo libro l'ho scritto per tutti. Per chi ama l'Empoli, ma anche per chi ama il calcio in modo genuino. È un libro che racconta emozioni, che parte dal mio vissuto personale, ma che – lo spero – può diventare anche il vissuto di tanti altri. È per chi ha condiviso certe gioie, certe partite, certi personaggi, e magari non li ha mai visti raccontati così.

La passione per l'Empoli è centrale nel libro. Come nasce esattamente?
Nasce intorno agli 11-12 anni. Mi portavano allo stadio da Marcignana ogni domenica che l'Empoli giocava in casa. Un mio caro amico e suo babbo ci caricavano sulla Seicento e via. Si partiva dieci minuti prima, per evitare il traffico, ma si arrivava in tempo. A volte anche a partita iniziata. Ma bastava esserci. Lì è nato tutto. Anche perché, in quegli stessi anni, cominciai a giocare a pallone, da portiere. E guardavo incantato i portieri dell'Empoli. In fondo, il portiere è l'unico che fa il contrario di quello che dovrebbe essere il gioco del calcio: tutti cercano di fare gol, lui di impedirlo. E mi affascinava questo.

E si ricorda la prima partita vista allo stadio?
Sì, l'ho raccontata nell'ultima storia del libro, che è un po' un prequel. Ricordo lampi, immagini, il portiere avversario Negrisolo, Cappotti, il rigore di Bonaldi… e poi ho ricostruito tutto grazie a una ricerca fatta nella nostra Biblioteca comunale: si trattava di due partite casalinghe del marzo 1976, contro Sangiovannese e Grosseto. Quelle sono le prime vere memorie che ho dell'Empoli dal vivo. Avevo 11 anni. Eravamo in Serie C, sulla panchina degli azzurri c'era Renzo Ulivieri. E da lì è iniziato tutto.

Com'è nata l'idea di fondere Empoli e poesia?
Da sempre ho scritto. Ho sempre avuto una passione per la scrittura in versi, per la rima. E così ho pensato: perché non unire la passione per l'Empoli con quella per la poesia? Le prime due poesie le ho scritte nel 2021: una dopo la promozione con Dionisi, l'altra dopo la storica vittoria a Torino con la Juve. E poi, dopo la terza salvezza consecutiva, mi sono detto: “Ora basta, lo faccio davvero”. Ed ho cominciato a realizzare il progetto a dicembre dello scorso anno, dopo la partita di Coppa Italia con la Fiorentina.

Ma tutte le poesie sono recenti? O ne aveva di più vecchie?
Alcune le avevo scritte e tenute nel cassetto, altre sono nate scrivendo il libro. Alcune sono nate di getto, altre dopo mesi di lavoro. Ma tutte sono legate a un momento preciso, a una partita o a un personaggio che mi ha lasciato qualcosa dentro.

Il libro è diviso in due parti: racconta le partite ma anche i personaggi. Come ha scelto chi raccontare?
È un libro “a storie”. Ogni capitolo è una storia a sé, in versi e in rima, dedicata a una partita, a un personaggio, a un momento importante del nostro cammino. Ho cercato di raccontare le partite più belle, più emozionanti, quelle che mi sono rimaste dentro. Ma non solo: ci sono anche ritratti di calciatori, aneddoti, emozioni personali. È un racconto del mio vissuto da tifoso, con uno stile che mi appartiene: poetico, ma anche semplice e diretto. Per i personaggi ho scelto quelli che per me sono stati importanti. Tavano, ovviamente – l'ho chiamato “Francesco Primo”, come un re. Poi Giulio Drago, perché da portiere l'ho sempre ammirato. E poi Spalletti, a cui ho voluto dedicare un quadretto un po' più lungo. Ci sono anche Athos Bagnoli, Johnny Ekströem – il primo straniero dell'Empoli – e tanti altri. Ho cercato di raccontare l'essenza di ciascuno, senza retorica, ma con affetto.

Tra le partite, qual è quella che l'ha emozionato di più?
Lo spareggio con il Vicenza, 8 giugno 2012. Adrenalina pura. Tutto lo stadio aveva l'ansia addosso. Fu una notte magica. Ma ce ne sono tante: il 3-3 con la Juve, la salvezza contro il Napoli 4-2, il treno per Modena nel '96 con 5.000 persone in trasferta… Ho raccontato anche partite meno note, come la vittoria a Treviso, perché segnano tappe importanti nella storia azzurra.

E quali giocatori hanno ispirato di più i suoi versi?
Essendo stato portiere per hobby, ho sempre avuto un occhio di riguardo per chi sta tra i pali: Drago, Vicario, Berti, Balli… Ma poi ci sono i grandi attaccanti che hanno fatto la storia: Tavano, Maccarone, Caputo, Di Natale. Tutti loro, in un modo o nell'altro, compaiono nel libro, con affetto e gratitudine.

C'è anche tanta ironia nei suoi versi. E un po' di pepe toscano, diciamo…
Sì, certo. Ho cercato di metterci anche la nostra ironia toscana, senza mai cadere nella volgarità. Un po' di sana rivalità con Pisa o Siena, qualche frecciatina qua e là… fa parte del gioco, del folklore. Ma sempre con rispetto.

Una curiosità: in tutto questo, c'è spazio anche per le partite più difficili? Per le sconfitte?
Il libro si chiude con la sconfitta di Verona, che ha sancito la retrocessione. Non potevo scegliere io il finale, ma ho voluto esserci fino all'ultimo. Racconto anche quello, con dignità. Perché, come scrivo in rima: “È facile stare a testa alta quando si vince. È da empolesi restare in piedi anche nella sconfitta.”

Racconti azzurri non è solo una celebrazione del calcio, ma un atto d'amore verso una comunità intera, quella empolese, che da anni accompagna la sua squadra con orgoglio e tenacia. Giancarlo Cerbioni ha raccolto con delicatezza e passione la storia di un piccolo grande miracolo sportivo, e lo ha fatto con la grazia della poesia popolare, quella che nasce dalla vita vera, dal freddo delle gradinate, dalle domeniche di provincia che si fanno leggenda.
Nel corso della presentazione ufficiale presso il Centro di Coordinamento dei Club Azzurri, l'autore ha ribadito quanto questo libro sia nato “con il cuore”, dedicandolo a tutti quelli che credono nei sogni, anche quando sembrano impossibili. Perché in fondo, dice Cerbioni, “non è da tutti un paesone come Empoli volare tra i grandi con la forza dei piccoli. Non siamo città, né provincia, né capoluogo.
Ma da trent'anni ci stiamo. E giochiamo sul serio, mica per gioco.”