Quella volta che i tifosi dell'Empoli furono sospettati di... rapimento

18-10-2025 17:18 -


A vederlo giocare, negli anni d'oro, bastava un'occhiata per capire che aveva qualcosa di diverso. Non era solo talento: era genio. L'unico calciatore convocato in Nazionale mentre militava in serie C. A Berlino, Olimpiadi del '36, aveva messo al collo una medaglia d'oro. Mezzo sinistro, con la grazia di chi sapeva incantare gli avversari, e la cattiveria di chi il gol lo vedeva prima ancora di tirare. Genoa, Taranto, Spezia: maglie indossate e sudate, poi allenate.

Ma Luigi Scarabello non era solo calcio. Era un uomo che amava i riflettori: belle donne, bella vita, cinema. Si era sposato con Lilia Silvi, l'attrice che il pubblico chiamava la Shirley Temple italiana. Una diva sul viale del tramonto, che lui voleva riportare in scena a qualsiasi costo.

Lui stesso, ogni tanto, si faceva chiamare Sergio Landi. Poche comparse, ruoli da comparsa più che da protagonista. Ma un'idea fissa: rilanciare la moglie. E quando i produttori chiudevano le porte, Scarabello inventava scorciatoie.



Allenava lo Spezia, e l'8 aprile la squadra era attesa a Empoli. Trasferta calda, campaccio nemico: due anni prima la retrocessione dei toscani in C era stata firmata proprio dai liguri. Il rancore non era mai passato.

Scarabello parte da Roma, dove ha passato il weekend con la famiglia, e si presenta in Toscana. La partita si gioca, ma lui sparisce. Nessuno lo vede tornare. C'è chi giura di averlo visto litigare con la tifoseria locale, chi sostiene che sia rimasto nascosto negli spogliatoi per evitare guai.

La sera, però, di lui non c'è più traccia.
Le voci corrono: i tifosi dell'Empoli lo hanno rapito. Vendetta. Ma la voce dura poco. Perché Scarabello viene segnalato a Pisa, all'hotel Cavalieri. Ha ritirato un telegramma firmato da un certo “Shellemberg”, tedesco. Poco dopo, da Roma, arriva la moglie con un'amica. Lo cercano, ma l'intreccio si complica.

La sua macchina, una berlina verde targata Spezia, viene trovata davanti all'hotel Astoria di Livorno. È lì da giorni. Lui ha preso una stanza, ma sparito di nuovo. Altri giurano di averlo visto a Chiavari, perfino a Milano.

Che succede? Rapimento vero, o farsa?
A complicare il giallo, ci si mette la voce di un affare. Scarabello, dicono, stava trattando con un ingegnere tedesco. Una formula segreta: pillole da sciogliere in acqua per trasformarla in carburante. Benzina dal niente. Un affare che profumava più di truffa che di rivoluzione.

Nel frattempo, Lilia Silvi si barrica nella stanza 306 del Cavalieri. Non parla con nessuno, nemmeno con i parenti. Ai giornalisti non concede una parola. Dice solo che è lì per salvare il marito.
Al quarto giorno la notizia esplode: una telefonata anonima avvisa un fotoreporter romano. “Luigi è in un fosso, al Castellaccio, verso Montenero.”

Lo trovano legato mani e piedi, imbavagliato, ma illeso. Lo portano all'ospedale, poi in Questura. Interrogato, si limita a ripetere:
— So perché mi hanno rapito. Ma non posso dirlo.

Un muro di gomma. Fino a quando crolla. Scoppia in lacrime e confessa:
— È tutta una beffa. Una montatura. L'abbiamo fatto per rilanciare la carriera di mia moglie.
La verità è grottesca: un finto rapimento per attirare i riflettori, uno slogan pubblicitario in carne e ossa. Doveva diventare il trailer di un film mai girato: Hanno rapito mio marito.
Invece diventa un processo. Imputati di simulazione di reato: Scarabello, la moglie, l'amica Federica Aureli, il fotocronista romano Palumba, il giovane livornese Giovanni Poli che aveva offerto il nascondiglio.
Lo stesso ex calciatore racconta che, durante la finta prigionia, a un certo punto si era stufato:
— Non mi piaceva quel rifugio. Una sera sono uscito, sono andato al cinema. Poi mi sono mangiato un cacciucco.
Quando gli chiedono da dove sia nata l'idea, la risposta è quasi ingenua:
— Da un film. L'Asso nella manica.
Condannati a pochi mesi, poi amnistiati. Ma la farsa resta negli annali come il giorno in cui un campione olimpico scelse di recitare il ruolo più goffo della sua carriera: quello della vittima di un rapimento che non c'era.
Un noir a metà tra cinema e pallone, tra beffa e tragedia. Un pezzo d'Italia che, ancora oggi, sembra uscito da una sceneggiatura di serie B