Liceo Virgilio occupato, le ragioni degli studenti: “La scuola non può tacere davanti alla guerra”
21-10-2025 12:00 -
Le finestre del liceo “Virgilio” si sono riempite di striscioni colorati. “Il Virgilio ripudia la guerra”, si legge sui cartelloni che sventolano da via Cavour a via Fucini. Questa mattina, martedì 21 ottobre, studenti e studentesse dei quattro plessi dell’istituto hanno dichiarato l’occupazione, trasformando la scuola in uno spazio di confronto e riflessione.
Il motivo? Un gesto politico e civile, ma soprattutto umano: dire “no” a ogni forma di violenza e denunciare la tragedia che continua a consumarsi a Gaza e in altri scenari di guerra. “A scuola ci insegnano a non dimenticare per non ripetere gli errori del passato, ma oggi tutto avviene sotto i nostri occhi”, spiegano i ragazzi del collettivo SAV – Studenti Autogestiti Virgilio – che hanno diffuso una lunga lettera aperta.
Nelle parole degli studenti si intrecciano memoria storica e indignazione presente. L’occupazione, chiariscono, non è un atto di rottura contro docenti o istituzioni, ma un modo per riappropriarsi del diritto di partecipare e discutere. “È una presa di coscienza, un gesto consapevole per guardare oltre i confini di queste mura”, spiegano Matilde Malattino e Valentina Bonfanti, tra le portavoce del collettivo. “Ci insegnano la Shoah, ci chiediamo come sia potuto accadere, ma oggi l’indifferenza sembra ripetersi. La scuola non può restare in silenzio.”
Gli studenti rivendicano il valore costituzionale del loro gesto, richiamandosi all’articolo 11, che ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà dei popoli. “Il nostro istituto – scrivono – si schiera per una rottura tra il mondo scolastico e il genocidio”. Parole forti, che rivelano un disagio più profondo: la percezione di una distanza crescente tra l’educazione ricevuta sui libri e la realtà che scorre ogni giorno sui notiziari.
Tra le richieste avanzate al corpo docente e alla dirigenza, c’è quella di aprire spazi di discussione libera, integrare nei programmi scolastici le questioni di attualità, creare momenti di riflessione collettiva. “Se non possiamo collegare ciò che studiamo alla realtà che ci circonda, allora il tempo passato sui libri si vanifica”, si legge nella loro lettera.
Nei giorni di occupazione sono previste assemblee, incontri di approfondimento e gruppi di studio. I ragazzi annunciano che saranno trattati non solo il conflitto in Palestina, ma anche la guerra in Ucraina e la crisi dimenticata del Congo. L’obiettivo, dicono, è informare e rendere la scuola un luogo attivo, dove lo studio non sia solo esercizio teorico ma strumento di cittadinanza.
La dirigente scolastica, informata con una circolare, ha confermato che l’occupazione interessa tutti i plessi: Classico, Linguistico, Artistico e Scientifico. Dal collettivo si ribadisce che si tratta di un’azione pacifica e inclusiva. “Vogliamo giornate serene, senza scontri. Chiediamo solo che il nostro gesto venga compreso e non punito”, affermano gli studenti.
Fuori dal liceo Artistico di via Fucini, un gruppo di studenti sottolinea: “Siamo contro tutte le guerre. La Palestina è un simbolo, ma il messaggio è universale: non vogliamo più assistere all’uccisione di civili, di bambini, alla distruzione di popoli.” Tuttavia, tra la folla non manca chi esprime disaccordo: alcune studentesse, impegnate in un concorso a Venezia, lamentano di non poter accedere alle aule per completare i progetti. “Siamo rimaste fuori, anche se il nostro lavoro riguarda proprio la ricostruzione della Palestina”, raccontano.
La mobilitazione del Virgilio si colloca in un clima più ampio di riflessione che tocca molte scuole italiane. Sempre più spesso, gli studenti chiedono che l’attualità entri nei programmi, che la scuola smetta di essere un luogo separato dal mondo. “La scuola deve essere apartitica ma non apolitica – sostengono i ragazzi –. Non si tratta di schierarsi a destra o a sinistra, ma di scegliere l’umanità e la memoria.”
Il collettivo non ha ancora fissato una data di fine: “Resteremo finché ce ne sarà bisogno – spiegano –. Il nostro scopo è aprire un dibattito, non creare conflitti. La scuola deve essere un luogo di pensiero, non di silenzio.”