La sera che la televisione regalò un sogno... da piazza dei Leoni
25-10-2025 14:00 -
I camion sbucano all’alba, rombando piano sui sanpietrini di piazza Farinata degli Uberti. Hanno i teloni con la scritta “RAI – Radiotelevisione Italiana” e basta questo a far fermare i passanti. I ragazzi a scuola ancora non ci sono, le donne che vanno al mercato rallentano, i vecchi sulle panchine alzano lo sguardo. Tutti sanno già che domenica Empoli andrà in televisione, ma vederli lì, quei mezzi enormi, fa sembrare tutto più vero.
Gli uomini che ne scendono hanno la tuta grigia, sembrano meccanici, invece sono tecnici. Aprono portelloni, scaricano cavi, casse, antenne. Srotolano fili che corrono fino alla fontana del Pampaloni. Poi, col naso all’insù, guardano verso il cielo. Da lì deve partire il segnale invisibile che, rimbalzando sul Monte Serra, arriverà a Roma e diventerà immagine, suono, spettacolo.
È il 15 febbraio 1957. L’Italia intera non parla d’altro: “Lascia o raddoppia” ha fatto impazzire il Paese e ora c’è una nuova trasmissione, Telematch. Uno show che mescola gioco e spettacolo. Dallo studio, Silvio Noto sorride sicuro, Enzo Tortora scandisce le parole come musica. In collegamento, ogni settimana, c’è una città diversa. Quattro prove, un montepremi che cresce e un oggetto misterioso da indovinare.
Empoli è la settima tappa.
La piazza, la domenica sera, è un teatro a cielo aperto. Luci montate sui palchi, microfoni che gracchiano, gente che si accalca. Qualcuno fuma nervoso, altri stringono il bavero del cappotto per il freddo. Il cronista allunga il microfono verso i cittadini in fila, uno alla volta. Tutti ci provano. Risposte incerte, titubanti, fantasiose. Ogni errore fa crescere il bottino.
Poi arriva lui. Renato Poli, colono di Montespertoli, dipendente della fattoria dell’avvocato Guido Taddei. Si aggiusta la giacca, ha un foglietto stretto tra le dita. La voce trema appena.
«È un… tjanting», legge scandendo le lettere. Un silenzio improvviso, lungo un respiro. «Un attrezzo per colorare i tessuti a disegni con la cera. Serve per il batik».
Scoppia un brusio, il cronista annuisce, da Roma arriva la conferma. Ha indovinato. Il secondo oggetto misterioso di Telematch non resiste davanti al ragazzo toscano.
«Me l’ha suggerito un amico», ammette Poli, e sorride appena. Quell’amico è Giuseppe Lorini, che a sua volta l’ha scoperto da un ingegnere americano. Una catena fortuita che porta dritta al successo.
«Non ricordavo il nome… per fortuna l’ho scritto», aggiunge, sollevando il foglietto. È un attimo di sincerità, tra emozione e miracolo.
Ma non c’è tempo per festeggiare. La voce di Tortora interrompe: «Ed ecco il nuovo oggetto misterioso!». Un altro arnese, questa volta somiglia a una pagoda. Si ricomincia. La gara non aspetta nessuno.
Empoli ci riprova, ma il tempo finisce. Il testimone passa alla città successiva, Casale Monferrato. Intanto, la cifra vola: 230mila lire, annuncia Tortora con la voce ferma.
Il legame, però, non si spegne con quella sera. Più avanti, in un’altra puntata collegata da Palermo, tra i concorrenti del gioco dei mimi ci sono due studenti universitari di Empoli: Mauro Giovannini, che diventerà ingegnere, e Mario Guerrini, futuro chimico. Portano a casa 205mila lire.
Empoli, nel cuore degli italiani, resterà legata per sempre a quelle domeniche in bianco e nero, alle voci che uscivano dai televisori e dai cinema, ai camion RAI parcheggiati in piazza come astronavi, pronti a trasformare un angolo di provincia in un palcoscenico nazionale.