Organista e compositore, Ancillotti si è laureato in Storia dell'arte e Musicologia presso l'Università di Firenze. Organista della Collegiata di Sant'Andrea ad Empoli, svolge attività concertistica in Italia e all'estero, è ricercatore presso l'Universitè Paris-Sorbonne e collaboratore di numerose riviste specializzate. Attualmente è direttore artistico del Centro studi musicali "Ferruccio Busoni" e professore di Storia della musica presso il Conservatorio di Lucca. L'intento del professore è quello di dissipare le leggende che circolano sul personaggio, cercando piuttosto di dargli la giusta e meritata collocazione tra l''800 e il 900 e di suscitare un moto di orgoglio e senso di appartenenza.
Nato per caso ad Empoli da genitori attratti da un colpo di fulmine, ma molto distanti per indole e formazione di grande apertura culturale, cosmopolita la madre, pianista concertista, approssimativo ed arrivista il padre ,clarinettista di bande musicali, rivelò nella prima infanzia, all'età di cinque anni, la sua abilità nel" muovere le mani" sulla tastiera del pianoforte, predisposizione che il padre sfruttò facendolo esibire in Italia e in Europa. La sua formazione gravita nell'area viennese, ma i suoi viaggi lo portano in giro per il mondo mettendolo in contatto con altre culture e con gli intellettuali del tempo, con cui stringerà rapporti epistolari di grande intensità e pregnanza. Lungi dall'idea di essere considerato un "fenomeno", aspira ad essere considerato un compositore, un musicista e come tale si può parlare di "uno che ha segnato la storia del pianoforte" e che è diventato il primo concertista di fama intercontinentale, molto apprezzato in America e in Russia.
In Italia non ha trovato un facile posto nel panorama musicale, dominato dal melodramma, e tutt'oggi spicca sulla scena europea, in particolare tedesca e finlandese accanto a Sibelius e Beethoven. Il fatto è che come compositore è difficile da ascoltare, da suonare e da dirigere, perchè è "un uomo di confine", che coglie gli spunti di cambiamento sia nell' arte che nelle scienza, ma non ha gli strumenti per codificarli in un linguaggio di semplice comprensione. La sua prospettiva lo proietta verso il futuro, per cui rifugge dalla musica antica, che nel 900 era un bene di consumo, ma lo spinge a cercare i collegamenti a concepire la musica come linguaggio universale che unisce gli animi, favorisce l'unione e la fratellanza tra i popoli, concentrando le sue ricerche e rafforzando il suo pensiero nei quattro anni di "esilio " a Zurigo, dove si rifugia durante il conflitto mondiale.
All'aspetto fisico serio e rigoroso, contrappone una divertente ilarità e intelligente autoironia ,come si evince dagli scritti, che costituiscono la parte documentale, custodita nella casa natale nel cuore della città e patrimonio di idee, conoscenze, progetti, motti, da cui tutti possono trarre ispirazione e spunti di riflessione p er cui il relatore conclude invitando i soci a regalarsi un'opportunità.