Che succede al Pd toscano? Il 6 dicembre la resa dei conti: la battaglia parte da Empoli
23-11-2025 11:54 -
Il Partito Democratico toscano si avvicina alla direzione regionale convocata per il 6 dicembre in un clima di forte tensione interna, con una serie di fratture che si sono allargate nelle settimane successive alla formazione della nuova giunta Giani. Più di un indizio suggerisce che il prossimo confronto, il primo dopo le elezioni regionali di ottobre, non sarà soltanto un chiarimento formale, ma un passaggio cruciale per la tenuta del partito. La lista delle questioni irrisolte cresce quotidianamente: alla frattura tra area riformista e maggioranza schleiniana, esplosa con la partita degli assessorati, si aggiungono le rivendicazioni dei territori che lamentano scelte non condivise, metodi troppo centralistici e un eccessivo ricorso a nomine non elette.
Il caso più eclatante è quello dell’Empolese Valdelsa, dove venerdì è stato scritto un documento duro nei toni, inviato dal segretario Jacopo Mazzantini al segretario regionale Emiliano Fossi, al presidente della Regione Eugenio Giani e ai dirigenti nazionali Taruffi, Baruffi e Furfaro. Nel testo, sottoscritto dai dieci sindaci del Circondario, dal senatore Dario Parrini, da undici segretari delle Unioni comunali, dalla segreteria di federazione, da dirigenti regionali come Laura Rimi e dall’ex consigliere Enrico Sostegni, si esprimono «disappunto e delusione» per una giunta definita «di pochi eletti e molti nominati», accusata di essere «calata dall’alto» e costruita con un metodo «verticistico» che mortifica rappresentanza e consenso.
La lettera sottolinea che l’Empolese Valdelsa è stato, con il 45%, il collegio più forte per il Pd in Toscana, seguito da Siena (42%), Prato (41%) e Chianti-Mugello-Valdisieve (38%): tutti territori rimasti privi di rappresentanza nella quota dem dell’esecutivo regionale.
Un fatto che per i firmatari tradisce sia la volontà popolare sia i percorsi unitari che avevano portato alle candidature, come quelle dell’ex sindaca di Empoli Brenda Barnini — 13.683 preferenze, record nel collegio — e dell’ex sindaco di Certaldo Giacomo Cucini, forte di 7.588 voti. Entrambi, insieme ad altri amministratori con dieci anni di esperienza alle spalle maturati anche durante la pandemia, sono considerati figure pronte a rafforzare l’esecutivo, ma la scelta di privilegiare numerosi non eletti ha generato, secondo il documento, «giusta delusione e contrarietà» tra militanti ed elettori.
Il malessere, però, non si limita all’Empolese. A Prato è in corso un braccio di ferro tra il segretario Marco Biagioni e l’area riformista: la richiesta di un congresso, sostenuta da 250 firme, attende risposta da settimane, mentre la figura di Matteo Biffoni, forte delle sue 22 mila preferenze alle Regionali e riferimento dei riformisti in vista delle Comunali 2026, rende più complessa la mediazione.
Proprio domani Fossi incontrerà Biagioni e Biffoni per decidere se celebrare il congresso prima di Natale. Anche a Sesto Fiorentino il clima è teso: l’ipotesi di un nuovo commissariamento del circolo ha provocato la reazione della base e di storici esponenti come l’ex sindaco Andrea Barducci, che ritiene non sussistano le condizioni statutarie per un intervento a pochi mesi dalle elezioni amministrative. A Siena, dopo mesi di richieste inevase, la federazione ha ottenuto un confronto per il 26 novembre con Fossi e il responsabile nazionale organizzazione Igor Taruffi, chiamati a spiegare l’esclusione dell’ex assessore Simone Bezzini dal Giani bis. Una situazione analoga potrebbe ripetersi a Livorno, dove la nomina di Mia Diop alla vicepresidenza ha lasciato fuori il segretario provinciale Alessandro Franchi, nonostante le aspettative create in campagna elettorale.
A complicare ulteriormente il quadro contribuiscono le dimissioni «per motivi politici» della tesoriera regionale Alberta Ticciati, ancora da ratificare, che molti interpretano come la punta dell’iceberg di un disagio interno diffuso, e la mancata convocazione dell’assemblea regionale, ferma da mesi nonostante il bisogno di un confronto ampio. Sullo sfondo resta inoltre la polemica sul listino bloccato, considerato da esponenti come Parrini l’atto inaugurale di questa crisi, poiché avrebbe ridotto ulteriormente la rappresentanza territoriale e incrinato il rapporto tra consenso raccolto e decisioni del gruppo dirigente.
Tra accuse di centralismo, rivendicazioni territoriali, richieste di congressi, proteste contro commissariamenti e tensioni tra aree interne, la direzione regionale del 6 dicembre si preannuncia come uno snodo determinante per il Pd toscano. Sarà il momento in cui tutte queste questioni, finora esplose in modo frammentato, confluiranno sullo stesso tavolo, mettendo alla prova la capacità del partito di ricomporre le fratture e ridefinire un metodo di lavoro che restituisca centralità ai territori.