Il sindaco agli studenti in piazza: “La violenza di genere è un problema degli uomini, non delle donne”

25-11-2025 12:17 -

La piazza è viva e giovane. Resipra energia giovane. E' un mosaico di colori, volti e cartelli colmi di slogan. S'è animata dopo che il serpentone variopinto di ragazze e ragazzi delle scuole superiori empolesi, ha attraversato le vie del centro: dal polo di via Sanzio alla stazione, da piazza della Vittoria a piazza Farinata.
Dal sagrato della Collegiata, si sono susseguiti gli interventi: studenti, rappresentanti delle associazioni (Lilith e Tenda della pace), altri rappresentanti. E il sindaco Alessio Mantellassi.
A parlare per primi sono state le studentesse che, questa manifestazione per sottolineare la loro battaglia contro la violenza di genere, l'hanno fortemente voluta, negli ultimi anni.
Hanno usato parole dirette, a volte slogan, altre temi che toccano la loro vita di ogni giorno.Parole che hanno riportato al centro il senso della giornata del 25 novembre: «Ogni volta che una donna viene umiliata o uccisa, non è un fatto privato. È una ferita collettiva». Una generazione che rifiuta le giustificazioni facili — il raptus, la gelosia, l'ira — e che denuncia la radice culturale della violenza: «La violenza non è un incidente. La violenza è una cultura».

Forti anche gli interventi del collettivo studentesco SAV, che ha ricordato come «ogni femminicidio sia il fallimento dell'intero sistema» e come le domande rivolte alle vittime – “Come eri vestita?”,Perché non l'hai detto prima?” – rappresentino una seconda violenza.
Un'apertura intensa e emotiva, che ha fatto emergere la consapevolezza dei ragazzi rispetto al tema, e la responsabilità comune nel cambiare le cose.

La denuncia ha toccato anche i dati sui femminicidi: «Il passaggio da 117 a 77 non è un miglioramento: ogni donna uccisa è una coltellata per tutti noi». La cultura del possesso, hanno detto, «è il morbo che alimenta i femminicidi», e si insinua persino nei linguaggi della musica, dei social e dell'immaginario digitale.
Le studentesse hanno poi puntato il dito contro il victim blaming: «Ci chiedono come eravamo vestite, perché non abbiamo denunciato subito, quante volte abbiamo detto no. Sono domande che trasformano le vittime in colpevoli».
Le loro parole hanno costruito un quadro lucido e duro, ma allo stesso tempo carico di responsabilità e futuro: «Dire no è un diritto inalienabile, non una colpa».

Dopo gli interventi degli studenti, è stato il sindaco Alessio Mantellassi a prendere la parola, offrendo una riflessione ampia e politica che ha guidato il senso della manifestazione.
Il sindaco ha riconosciuto subito il valore della grande partecipazione giovanile: «Questo dice molto non solo sulla giornata di oggi, ma su ciò che la vostra generazione è capace di organizzare e di mettere al centro».
Ha difeso apertamente il ruolo delle scuole come luoghi di confronto: «Si sentono spesso giudizi duri verso gli studenti, persino verso le occupazioni. Ma a scuola non si impara solo ciò che è scritto nei libri: si impara a essere cittadini consapevoli, capaci di dire non sono d'accordo. Questo è uno dei valori più importanti che si imparano nella scuola e fuori dalla scuola».
“La violenza di genere non è un problema delle donne: è un problema degli uomini” Il passaggio più forte dell'intervento di Mantellassi ha riguardato la responsabilità culturale maschile: «La violenza non è un tema su cui manifestare solidarietà alle donne, ma un problema culturale degli uomini. È sugli uomini, sulle relazioni, sul modo di vivere i rapporti che dobbiamo lavorare ogni giorno».
Una posizione netta, che ha messo al centro la necessità di un cambiamento educativo profondo.
“La scuola deve parlare di affettività, di sessualità, di rispetto”. Il sindaco ha criticato apertamente chi sostiene che certi temi non debbano entrare nelle aule: «È un errore dire che a scuola non si deve parlare di affettività o di sessualità. La scuola non può essere un involucro separato dalla realtà: se fuori questi temi esistono, devono esistere anche dentro la scuola».
Ha ricordato l'importanza di un linguaggio corretto, non colpevolizzante: «Quando commentiamo certi fatti di cronaca, sentiamo parole sbagliate, giudizi su come era vestita una ragazza o su cosa si era permessa di dire. Anche le parole sono importanti: servono senso critico e responsabilità».
“Questa piazza è un segnale. Il cambiamento passa da voi”. Mantellassi ha concluso sottolineando il valore simbolico della presenza di tanti giovani: «Che siano stati proprio gli studenti a scendere in piazza per un tema che riguarda la società tutta, e non solo la scuola, è un messaggio potente. Vuol dire che il mondo che già è vostro può essere migliore di quello che abbiamo ricevuto».
Un applauso lungo, convinto, ha chiuso un intervento che è stato il cuore della mattinata e che ha dato un indirizzo istituzionale chiaro: non una ricorrenza isolata, ma un lavoro quotidiano, culturale e collettivo.