Alzheimer e assistenza, la voce di Stefano ora arriva a tutta l'Italia
12-03-2025 21:00 - Cronaca
La recente decisione della Regione Toscana di aumentare le rette delle RSA ha gettato nuova luce su una realtà già difficile da affrontare per milioni di famiglie italiane. Dietro i numeri e le politiche, si celano storie umane segnate da sacrifici, solitudine e disperazione, come quella di Stefano Romagnoli, funzionario regionale, oggi pensionato di Empoli, la cui testimonianza ha sollevato un ampio dibattito sulla condizione dei caregiver. La sua voce, prima raccolta dai media locali, adesso ha raggiunto, grazie alle telecamere della trasmissione FuoriTg di Raitre, tutto il Paese, con la speranza che il suo grido di allarme possa scalfire la sensibilità dei nostri politici su un problema che riguarda sempre più una fetta larga della popolazione.
Romagnoli, che ha assistito la moglie Daniela, malata di Alzheimer, per otto anni tra le mura di casa, racconta la sua esperienza senza filtri, portando alla luce non solo le difficoltà economiche, ma anche quelle psicologiche e fisiche che accompagnano ogni caregiver. «Noi caregiver abbiamo bisogno di un segnale di civiltà e giustizia sociale dalla politica e dai gestori delle RSA», ha dichiarato, sottolineando le numerose criticità che ancora oggi riguardano l'assistenza agli anziani e ai malati gravi.
Nel 2015, la diagnosi di Alzheimer ha sconvolto la vita di Stefano e Daniela. La malattia degenerativa, che ha progressivamente annientato le funzioni cognitive della donna, ha imposto a Stefano un impegno costante. Per otto anni, ogni giorno era una battaglia, una lotta contro il tempo, la stanchezza fisica e le risorse limitate. «Spendevo circa 2.700-2.800 euro al mese per le cure. Ringrazio il cielo che potevo permettermelo, ma tanti altri non hanno la stessa fortuna», racconta, facendo emergere la disuguaglianza che il sistema sanitario italiano crea tra chi può e chi non può permettersi tali spese.
La situazione è diventata insostenibile quando, nell'agosto 2023, la salute di Daniela ha subito un improvviso peggioramento. Un grave attacco epilettico, seguito da un ricovero in ospedale, ha reso evidente che l'assistenza domiciliare non era più sufficiente. Dopo un'odissea burocratica per trovare una struttura adeguata, e con il ricordo ancora fresco del peso dei 3.400 euro mensili di retta per la RSA, Stefano ha dovuto fare i conti anche con un altro aspetto doloroso: l'aumento della quota sociale giornaliera della struttura in cui era ricoverata sua moglie. «Sembrano pochi 7 euro al giorno, ma alla fine diventano 200 euro in più al mese. Il sistema non funziona», afferma con rammarico.
Un altro aspetto della sua esperienza riguarda la solitudine di chi, come lui, è costretto a svolgere il ruolo di caregiver. Stefano racconta come la malattia di sua moglie abbia progressivamente invaso ogni angolo della sua vita. Il tempo, che una volta era dedicato a piaceri semplici come una serata al cinema o con gli amici, è svanito, lasciando posto a preoccupazioni, stress e fatica fisica. A metà dicembre, dopo una brutta caduta che gli ha provocato la rottura di una vertebra, Stefano ha dovuto affrontare il suo stesso malessere mentre continuava a prendersi cura della moglie. «Vivere in queste condizioni ti isola dal mondo. Dopo due mesi sono riuscito a tornare a trovarla in RSA. Quando mi ha sorriso, anche se faticosamente mi ha riconosciuto, ho capito che avevo fatto la scelta giusta», dice con una punta di commozione.
Ma la fatica fisica e psicologica non è l'unico ostacolo che i caregiver come Stefano sono chiamati a fronteggiare. La burocrazia, il costo dei servizi e la carenza di risorse sono altri nodi cruciali. La quota sanitaria coperta dalla Regione, ad esempio, è insufficiente, e l'attesa per ottenerla è lunga. Inoltre, l'incapacità del sistema di offrire soluzioni immediate o adeguate rende ancora più arduo il compito di chi deve occuparsi quotidianamente di un familiare malato.
Stefano, insieme a tanti altri caregiver, ha lanciato un appello al governo e alla politica per una maggiore attenzione a questi temi. «Perché non portare in detrazione fiscale più di 1.500 euro l'anno per le spese sanitarie? Perché non aumentare il limite per poter scaricare i contributi versati alla badante? E perché non eliminare l'addizionale regionale IRPEF per i caregiver?», sono alcune delle richieste che Stefano ha avanzato in una petizione che ha raccolto oltre 38.000 firme.
A livello nazionale, la situazione non appare migliore. Manlio Matera, presidente di AIMA (Associazione Italiana Malattia di Alzheimer) di Firenze, sottolinea la necessità di un piano di intervento che preveda risorse adeguate. «Il piano nazionale del 2014 non ha ricevuto nemmeno un euro di finanziamento. Se confrontiamo la situazione con la Francia, che ha destinato un miliardo di euro per i suoi servizi, capiamo quanto sia indietro il nostro paese», afferma Matera, evidenziando la carenza di un vero sistema di supporto per malati e caregiver.
La situazione in Toscana, quindi, è solo un altro esempio di come il sistema socio-sanitario stia fallendo nel fornire risposte concrete a chi vive il dramma della malattia degenerativa e dell'assistenza quotidiana. Il caso di Stefano Romagnoli è una delle tante storie di chi, ogni giorno, lotta non solo contro una malattia incurabile, ma anche contro un sistema che sembra ignorare le esigenze di chi sta vivendo la tragedia dell'Alzheimer.
Romagnoli, che ha assistito la moglie Daniela, malata di Alzheimer, per otto anni tra le mura di casa, racconta la sua esperienza senza filtri, portando alla luce non solo le difficoltà economiche, ma anche quelle psicologiche e fisiche che accompagnano ogni caregiver. «Noi caregiver abbiamo bisogno di un segnale di civiltà e giustizia sociale dalla politica e dai gestori delle RSA», ha dichiarato, sottolineando le numerose criticità che ancora oggi riguardano l'assistenza agli anziani e ai malati gravi.
Nel 2015, la diagnosi di Alzheimer ha sconvolto la vita di Stefano e Daniela. La malattia degenerativa, che ha progressivamente annientato le funzioni cognitive della donna, ha imposto a Stefano un impegno costante. Per otto anni, ogni giorno era una battaglia, una lotta contro il tempo, la stanchezza fisica e le risorse limitate. «Spendevo circa 2.700-2.800 euro al mese per le cure. Ringrazio il cielo che potevo permettermelo, ma tanti altri non hanno la stessa fortuna», racconta, facendo emergere la disuguaglianza che il sistema sanitario italiano crea tra chi può e chi non può permettersi tali spese.
La situazione è diventata insostenibile quando, nell'agosto 2023, la salute di Daniela ha subito un improvviso peggioramento. Un grave attacco epilettico, seguito da un ricovero in ospedale, ha reso evidente che l'assistenza domiciliare non era più sufficiente. Dopo un'odissea burocratica per trovare una struttura adeguata, e con il ricordo ancora fresco del peso dei 3.400 euro mensili di retta per la RSA, Stefano ha dovuto fare i conti anche con un altro aspetto doloroso: l'aumento della quota sociale giornaliera della struttura in cui era ricoverata sua moglie. «Sembrano pochi 7 euro al giorno, ma alla fine diventano 200 euro in più al mese. Il sistema non funziona», afferma con rammarico.
Un altro aspetto della sua esperienza riguarda la solitudine di chi, come lui, è costretto a svolgere il ruolo di caregiver. Stefano racconta come la malattia di sua moglie abbia progressivamente invaso ogni angolo della sua vita. Il tempo, che una volta era dedicato a piaceri semplici come una serata al cinema o con gli amici, è svanito, lasciando posto a preoccupazioni, stress e fatica fisica. A metà dicembre, dopo una brutta caduta che gli ha provocato la rottura di una vertebra, Stefano ha dovuto affrontare il suo stesso malessere mentre continuava a prendersi cura della moglie. «Vivere in queste condizioni ti isola dal mondo. Dopo due mesi sono riuscito a tornare a trovarla in RSA. Quando mi ha sorriso, anche se faticosamente mi ha riconosciuto, ho capito che avevo fatto la scelta giusta», dice con una punta di commozione.
Ma la fatica fisica e psicologica non è l'unico ostacolo che i caregiver come Stefano sono chiamati a fronteggiare. La burocrazia, il costo dei servizi e la carenza di risorse sono altri nodi cruciali. La quota sanitaria coperta dalla Regione, ad esempio, è insufficiente, e l'attesa per ottenerla è lunga. Inoltre, l'incapacità del sistema di offrire soluzioni immediate o adeguate rende ancora più arduo il compito di chi deve occuparsi quotidianamente di un familiare malato.
Stefano, insieme a tanti altri caregiver, ha lanciato un appello al governo e alla politica per una maggiore attenzione a questi temi. «Perché non portare in detrazione fiscale più di 1.500 euro l'anno per le spese sanitarie? Perché non aumentare il limite per poter scaricare i contributi versati alla badante? E perché non eliminare l'addizionale regionale IRPEF per i caregiver?», sono alcune delle richieste che Stefano ha avanzato in una petizione che ha raccolto oltre 38.000 firme.
A livello nazionale, la situazione non appare migliore. Manlio Matera, presidente di AIMA (Associazione Italiana Malattia di Alzheimer) di Firenze, sottolinea la necessità di un piano di intervento che preveda risorse adeguate. «Il piano nazionale del 2014 non ha ricevuto nemmeno un euro di finanziamento. Se confrontiamo la situazione con la Francia, che ha destinato un miliardo di euro per i suoi servizi, capiamo quanto sia indietro il nostro paese», afferma Matera, evidenziando la carenza di un vero sistema di supporto per malati e caregiver.
La situazione in Toscana, quindi, è solo un altro esempio di come il sistema socio-sanitario stia fallendo nel fornire risposte concrete a chi vive il dramma della malattia degenerativa e dell'assistenza quotidiana. Il caso di Stefano Romagnoli è una delle tante storie di chi, ogni giorno, lotta non solo contro una malattia incurabile, ma anche contro un sistema che sembra ignorare le esigenze di chi sta vivendo la tragedia dell'Alzheimer.
Il servizio della Rai mandato in onda nella trasmissione Fuori Tg lo potrete vedere qui: ASSISTENZA AGLI ANZIANI