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Elogio della bellezza/ Il Natale che racconta una identità: Montelupo oltre le luci e il rumore

08-12-2025 11:36 - Opinioni
di Emilio Chiorazzo

Una manciata di chilometri, poche curve della vecchia Tosco Romagnola per scoprire un Natale diverso dai format ormai imperanti: non parliamo di alberi o presepe, né delle immancabili lucine che, per carità, fanno atmosfera e fotografie. Parliamo dello spirito autentico del Natale: quello vero, quello che dovrebbe profumare di comunità, di cura, di qualcosa che somiglia alla poesia.

Il Natale è diventato una macchina ben oliata, che produce eventi, attrazioni e magari un buon fatturato. Una sorta di “monopolio festivo”, con tutto ciò che comporta in termini di immaginario: più stand, più luminarie, più attrazioni, più folla. E più consumi.

Poi si varcano i confini – geografici, ma soprattutto culturali – e si arriva a Montelupo Fiorentino. Qui la festa non è una fiera travestita da celebrazione, ma una ricerca identitaria, un gesto di dignità culturale. Per la prima volta, la storica Ceramica veste i panni invernali. E invece di rincorrere il chiasso della stagione, sceglie di scommettere su ciò che Montelupo è sempre stato: arte, artigianato, cultura, qualità.

Non si tratta di nostalgia, ma di una direzione precisa. Montelupo non vuole un Natale che stordisce: preferisce un Natale che racconta. Che si lascia attraversare come una bottega, non come un centro commerciale. Le sue luci non accecano, accompagnano. Come dire: vogliamo il nostro Natale, non una città del Natale. Le sue installazioni non vendono, dialogano. Un commercio che si riconosce nella propria storia, non nel volume degli scontrini.

Montelupo, insomma, punta sulla qualità e l’identità. E non è una questione di grandezza o di possibilità economiche: è una questione di sguardo. Di volontà. Di ambizione, persino.

Ed è curioso come, in un tempo in cui tutti cercano unicità, autenticità, radici – almeno a parole – sia proprio il paese più piccolo a difenderle con maggior convinzione. Mentre le città più grandi sembrano essersi consegnate, senza troppe domande, al fascino effimero del “Natale che funziona”.

La verità, forse, è che non esiste un solo modo di interpretare le festività, ma esiste la responsabilità di farlo con visione. La differenza è palese: da una parte i format rinnovabili come una bolletta, dall’altra una scommessa culturale, che prova e riesce a lasciare un segno.