30 Aprile 2025
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Il movimento Clara: "quando si parla di armi i soldi non mancano mai"

17-03-2025 17:48 - Politica
"L'Europa deve fronteggiare un pericolo chiaro e imminente, di una proporzione che nessuno di noi ha mai visto nella sua vita adulta." Con queste parole dal tono apocalittico Ursula Von der Leyen ha presentato il nuovo straordinario piano di riarmo europeo; la retorica non è nuova: "la sicurezza dell'Europa è minacciata in modo serio", i soldati russi, che fino a poco tempo fa, essendo a corto di munizioni, combattevano con le pale ed erano costretti addirittura a procacciarsi i chip per i carri armati dagli elettrodomestici, oggi sono pronti a marciare su Bruxelles. Non è dunque il momento di dialogare, bisogna reagire con la rapidità necessaria, armarsi fino ai denti, "Spendere, spendere, spendere!" dice Mette Frederiksen, primo ministro danese. Ebbene la spesa ci sarà, d'altronde lo sappiamo che quando si parla di armi i soldi non mancano mai. Sono ben 800 miliardi i soldi che saranno stanziati per creare una nuova Europa "sicura e resiliente".
La domanda però sorge spontanea: da dove prendiamo questo denaro? Oltre a 150 miliardi di euro di prestiti agli Stati membri per investimenti nella difesa, 650 miliardi saranno ottenuti grazie a deroghe al Patto di stabilità. Sarà dunque consentito "l'uso dei finanziamenti pubblici e della difesa a livello nazionale", dice Von der Leyen, per questo motivo sarà attivata la clausola di salvaguardia nazionale del patto di stabilità e crescita, che permetterà agli Stati di sforare il limite del 3% di deficit nel bilancio statale per l'acquisto di armi. Come dire: è vero che l'economia va male, siamo a ventiquattro mesi consecutivi di calo tendenziale della produzione industriale e non facciamo altro che tagliare servizi sociali essenziali anno dopo anno, ma ci sono delle priorità, Putin è alle porte. Bisogna dunque indebitarsi ulteriormente per comprare armi, tagliare sanità, scuola e welfare sarà la logica conseguenza.

Ma la cosa non ci stupisce perché in fondo è questa l'economia di guerra, rubare ai giovani e ai lavoratori per ingrassare ancor di più i giganti della finanza e dell'industria bellica. Sono passati tre anni dall'inizio della guerra in Ucraina. Tre anni in cui l'occidente ha gettato benzina sul fuoco spingendo il conflitto verso una guerra totale. Tre anni in cui abbiamo eliminato qualsiasi ipotesi di dialogo, facendo addirittura saltare il negoziato di Istanbul di aprile del 2022 in cui Russia e Ucraina erano arrivate a un passo dall'intesa. Tre anni in cui abbiano inondato l'Ucraina con la bellezza di 266 miliardi di dollari in aiuti finanziari e militari, inneggiando alla resistenza e all'ormai prossima vittoria nei confronti del nemico russo. Tre anni di propaganda in cui gli interessi delle lobby delle armi hanno prevalso e in cui la politica si è giusto ritagliata il compito di mascherare il tutto con la solita patina retorica dei valori occidentali e della difesa della democrazia.

Oggi, dopo tre anni di morti e spese belliche, l'Europa è un mostro che cammina, nella nuova spartizione del mondo tra le superpotenze imperialiste per lei non c'è alcuno spazio, il vecchio continente viene relegato al rango di potenza di terz'ordine. L'esclusione dai negoziati tra Trump e Putin esplicita il declino inesorabile europeo e i nuovi rapporti di forza che si sono creati nel corso della guerra. E quale modo migliore per rispondere a questa crisi senza precedenti? Esatto, riarmarsi ancor di più per dichiarare guerra a una potenza con più di 6.000 testate nucleari. Valori come la democrazia e la libertà tanto millantati dai nostri politici sono solo fumo negli occhi, occorre demistificare la narrazione dominante sui conflitti internazionali. Come diceva Tom Stoppard "La guerra è il capitalismo senza i guanti."

George Orwell scriveva: "Non si tratta di stabilire se la guerra sia legittima, o se invece non lo sia, la vittoria non è possibile, la guerra non è fatta per essere vinta, è fatta per non finire mai. Una società gerarchica è possibile solo se si basa su povertà e ignoranza. [...] Di norma lo sforzo bellico persegue sempre lo scopo di tenere la società al limite della sopravvivenza. La guerra viene combattuta dalla classe dominante contro le classi subalterne, e non ha per oggetto la vittoria sull'Eurasia o sull'Asia Orientale, ma la conservazione dell'ordinamento sociale."


Fonte: Ufficio stampa
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