Il Peposo: anima ruvida e autentica della Toscana
16-05-2025 09:01 - Primo piano
Nel cuore della cucina toscana, c'è un piatto che più di altri racconta il carattere verace del popolo e delle sue locande: il peposo. Giovanni Volteggiani, anima degli Osti Nati di Empoli, ci conduce alla riscoperta di questo capolavoro della tradizione con il suo consueto stile diretto e appassionato.
Attenzione: niente pomodoro, niente brasatura, niente pepe in polvere. Solo carne, pepe vero, aglio e il vino giusto – il Sangiovese – dentro a un coccio che è, più che recipiente, ingrediente stesso.
Il nome “Peposo del Brunelleschi” nasce più da una trovata di marketing medievale che da un'origine aristocratica. Proprio come Augusto chiese a Virgilio una genealogia nobile, così anche il peposo fu “nobilitato” attribuendogli legami con il grande architetto della Cupola fiorentina. In realtà, il peposo nasce ben più umilmente nelle trattorie e nelle fornaci del Trecento.
All'epoca, la carne che non si riusciva a consumare fresca veniva messa a macerare nel vino rosso e con pepe in grani, che aiutavano la conservazione. Poi, infilata nei forni delle fornaci (fornacina, imprunetina, quanti nomi evocativi!), cuoceva lentamente fino a diventare tenerissima. Era il piatto del popolo, dei lavoratori, delle lunghe attese e delle cotture lente.
E oggi come allora, il segreto del peposo è la pazienza. Nessun fuoco vivo, nessuna scorciatoia. Solo rispetto per la materia prima e per la memoria.
La ricetta del Peposo
Attenzione: niente pomodoro, niente brasatura, niente pepe in polvere. Solo carne, pepe vero, aglio e il vino giusto – il Sangiovese – dentro a un coccio che è, più che recipiente, ingrediente stesso.
Il nome “Peposo del Brunelleschi” nasce più da una trovata di marketing medievale che da un'origine aristocratica. Proprio come Augusto chiese a Virgilio una genealogia nobile, così anche il peposo fu “nobilitato” attribuendogli legami con il grande architetto della Cupola fiorentina. In realtà, il peposo nasce ben più umilmente nelle trattorie e nelle fornaci del Trecento.
All'epoca, la carne che non si riusciva a consumare fresca veniva messa a macerare nel vino rosso e con pepe in grani, che aiutavano la conservazione. Poi, infilata nei forni delle fornaci (fornacina, imprunetina, quanti nomi evocativi!), cuoceva lentamente fino a diventare tenerissima. Era il piatto del popolo, dei lavoratori, delle lunghe attese e delle cotture lente.
E oggi come allora, il segreto del peposo è la pazienza. Nessun fuoco vivo, nessuna scorciatoia. Solo rispetto per la materia prima e per la memoria.
La ricetta del Peposo
a cura di Giovanni Volteggiani – Osti Nati, Enogastronomia Empoli
Ingredienti 1 kg di muscolo di manzo (va bene anche cappello del prete o cimalotto)
1 bottiglia di vino rosso Sangiovese
10-12 spicchi d'aglio (interi, schiacciati leggermente)
Pepe nero in grani, abbondante
Sale q.b.
2 foglie di alloro
1 filo d'olio extravergine d'oliva
Un recipiente di coccio (essenziale!)
Preparazione Tagliare la carne a pezzetti regolari, non troppo piccoli.
Disporla nel coccio, aggiungendo gli spicchi d'aglio, abbondanti grani di pepe nero, le foglie d'alloro, un po' di sale e un filo d'olio.
Coprire completamente con il vino Sangiovese.
Lasciare macerare per almeno 12-18 ore, coperto, a temperatura ambiente (in luogo fresco o in frigo se fa caldo).
Dopo la macerazione, coprire il coccio con carta stagnola (bucata in qualche punto) e infornare a 140-150°C.
Cuocere lentamente per almeno 4-5 ore, anche di più se necessario: è pronto quando la carne si sfalda con la forchetta.
Servire caldo, accompagnato da fagioli bianchi all'olio e – perché no – da un bicchiere di Carmignano DOCG, come da consiglio d'autore.
Un piatto rude e profondo, il peposo è la Toscana che non dimentica le sue radici. Con Giovanni Volteggiani, ogni ricetta diventa racconto. E ogni racconto, una celebrazione di gusto e memoria.
Ingredienti 1 kg di muscolo di manzo (va bene anche cappello del prete o cimalotto)
1 bottiglia di vino rosso Sangiovese
10-12 spicchi d'aglio (interi, schiacciati leggermente)
Pepe nero in grani, abbondante
Sale q.b.
2 foglie di alloro
1 filo d'olio extravergine d'oliva
Un recipiente di coccio (essenziale!)
Preparazione Tagliare la carne a pezzetti regolari, non troppo piccoli.
Disporla nel coccio, aggiungendo gli spicchi d'aglio, abbondanti grani di pepe nero, le foglie d'alloro, un po' di sale e un filo d'olio.
Coprire completamente con il vino Sangiovese.
Lasciare macerare per almeno 12-18 ore, coperto, a temperatura ambiente (in luogo fresco o in frigo se fa caldo).
Dopo la macerazione, coprire il coccio con carta stagnola (bucata in qualche punto) e infornare a 140-150°C.
Cuocere lentamente per almeno 4-5 ore, anche di più se necessario: è pronto quando la carne si sfalda con la forchetta.
Servire caldo, accompagnato da fagioli bianchi all'olio e – perché no – da un bicchiere di Carmignano DOCG, come da consiglio d'autore.
Un piatto rude e profondo, il peposo è la Toscana che non dimentica le sue radici. Con Giovanni Volteggiani, ogni ricetta diventa racconto. E ogni racconto, una celebrazione di gusto e memoria.