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Le analisi del voto/ Affluenza, preferenze, elettori mobili: ecco come l'hanno vista gli esperti

15-10-2025 09:27 - Politica
di Emilio Chiorazzo
Trent'anni fa, alle urne per eleggere il consiglio regionale e il suo presidente, andò l'85 per cento dei Toscani, nelle elezioni di domenica e lunedì la percentuale si è dimezzata, facendo registrare il suo minimo storico. All'indomani del voto analisti e istituti specializzati si sono messi al lavoro per cercare di capire qual è il motivo di tanta indifferenza al voto e alla partecipazione da parte dell'elettorato toscano. Che proviamo a riassumere.
L'istituto Demopolis, diretto da Pietro Vento, ha realizzato una analisi per conto di Otto e mezzo, la trasmissione televisiva condotta da Lilli Gruber su La7 che fotografa alcuni delle motivazioni che stanno alla base della scelta di non recarsi alle urne.

Un toscano su due resta a casa: il voto percepito come inutile
L'affluenza si ferma al 47%, oltre un milione e mezzo di cittadini non si sono recati alle urne. È il livello più basso mai registrato nella storia delle elezioni regionali toscane.
Secondo i dati raccolti dall'Istituto Demopolis diretto da Pietro Vento, tra gli astenuti:

il 48% ha ritenuto l'esito scontato (“vittoria certa di Giani”); il 27% ha affermato che “la politica regionale non incide più sulla vita reale delle famiglie”; il 15% ha giudicato i candidati “non all'altezza”; circa il 10% non vota più “da parecchio tempo”.
Un malessere diffuso che racconta una rottura tra cittadini e istituzioni.
La prevedibilità del risultato, unita alla scarsa percezione di efficacia del voto locale, ha alimentato la disillusione. La Toscana, un tempo laboratorio di partecipazione, sembra oggi condividere la crisi civica che investe l'intero Paese.
Giani, tuttavia ha vinto con un netto distacco (13 punti) sul suo diretto avversario Alessandro Tomasi. E questo risultato permette più di una riflessione sulle dinamiche che lo hanno prodotto.

Centrosinistra: Giani allarga il vantaggio e consolida il campo largo
Il centrosinistra non solo tiene, ma rafforza il proprio radicamento.
Giani migliora la performance del 2020, portando il vantaggio sul centrodestra da otto a tredici punti. Il Partito Democratico, con il 34%, resta il primo partito della regione; la lista civica “Eugenio Giani Presidente – Casa Riformista” ottiene circa l'8%, confermando il valore della componente moderata e riformista.
Alleanza Verdi-Sinistra (6-7%) cresce leggermente, mentre il Movimento 5 Stelle, oggi alleato, si ferma al 4,3%.

Nel complesso, il successo del centrosinistra si spiega con tre fattori:
  • unità della coalizione, senza fratture interne;
  • profilo istituzionale del presidente uscente, percepito come amministratore affidabile;
  • forte radicamento territoriale, capace di recuperare comuni perduti alle politiche 2022.

La vittoria di Giani, tra l'altro, dovrebbe essere d'esempio alla segretaria nazionale del Pd Elly Schlein che, prima di dare il via libera alla riconferma della sua candidatura ha speso molto tempo nel dubbio se era giusto candidare in Toscana un'espressione dell'ala riformista del suo partito. Decisione frenata anche dalle pressioni che arrivavano da una parte dei suoi nuovi alleati del Movimento Cinque Stelle.

Toscana Rossa, la sinistra che cresce ai margini del campo largo
C'è una Toscana che si riconosce nella tradizione della sinistra più radicale, che non si è sentita rappresentata né dal centrosinistra di Eugenio Giani né dal Movimento 5 Stelle. È la Toscana di Antonella Bundu e della lista Toscana Rossa, sostenuta da Potere al Popolo, Possibile e Rifondazione Comunista, che alle elezioni regionali del 12 e 13 ottobre ha raccolto un 4,5% dei voti con punte fino all'11% a Piombino, l'otto nell'empolese.
Un risultato che, seppure numericamente limitato, ha un peso politico e simbolico notevole: più della Lega e più del Movimento 5 Stelle in diversi comuni, con picchi fino all'11% a Piombino. Segno che esiste un elettorato alla sinistra del Partito Democratico che non si riconosce nel profilo riformista del presidente Giani e chiede politiche più radicali su temi come il lavoro, la casa, i diritti sociali e la transizione ecologica.
La candidatura di Bundu — già nota per la sua esperienza come consigliera comunale a Firenze e per il suo impegno nei movimenti antirazzisti — ha intercettato un malessere politico e sociale che, in parte, si riflette anche nei tassi altissimi di astensione. In molte aree urbane e portuali, dove la disillusione verso la politica è più forte, Toscana Rossa è riuscita a canalizzare la protesta in una proposta identitaria e coerente, lontana dalle logiche di compromesso.
Alcuni analisti leggono questo risultato come un campanello d'allarme per il centrosinistra: da un lato la conferma che la linea moderata e pragmatica di Giani resta vincente; dall'altro la prova che una parte dell'elettorato progressista chiede una rappresentanza più radicale, anche in chiave nazionale.
Le mobilitazioni degli ultimi mesi, dalle manifestazioni per la pace a Gaza alle vertenze sindacali e ambientali, hanno probabilmente contribuito a consolidare questo spazio politico. “Non siamo solo un voto di protesta – ha dichiarato Bundu nella notte elettorale – ma la voce di chi non si rassegna a un centrosinistra che guarda troppo al centro e poco ai bisogni delle persone comuni.”
In una Toscana dove il Partito Democratico e i suoi alleati confermano la leadership, Toscana Rossa rappresenta un piccolo ma significativo laboratorio politico, capace di spostare il dibattito e di ricordare che la sinistra, anche nelle sue forme più radicali, è ancora viva e presente.

Centrodestra: Fratelli d'Italia tiene, ma la Lega crolla
Il centrodestra conferma il proprio radicamento parziale ma non riesce a insidiare la leadership regionale del centrosinistra.
Fratelli d'Italia, con il 26,7%, è il secondo partito, ma in calo rispetto alle europee 2024.
La Lega precipita al 4,4%, un quinto dei consensi di cinque anni fa, nonostante - o, forse, proprio a causa di questo - la campagna elettorale affidata al generale Roberto Vannacci. Un nome destinato a dividere: il messaggio nazional-identitario del generale non ha attecchito in una regione dove prevale un elettorato pragmatico e moderato.
Forza Italia, con il 6%, supera il Carroccio e torna a essere la seconda gamba della coalizione.
Il centrodestra toscano esce così frammentato e sbilanciato, incapace di proporre un progetto alternativo coerente.

L'Empolese Valdelsa: roccaforte dem e laboratorio di coesione

Se a livello regionale il centrosinistra vince, nell'Empolese Valdelsa trionfa.
Il Partito Democratico si conferma prima forza con 27.204 voti, pari al 44,98%, oltre dieci punti sopra la media toscana e in crescita di due punti rispetto al 2020.
Un risultato che, secondo il segretario della Federazione Jacopo Mazzantini, “premia l'impegno e l'unità del territorio”.
In casa Pd , sul territorio, ne parlano con toni trionfali: “risultato straordinario”, seppur mitigato dal calo della partecipazione: l'affluenza locale si è attestata al 50,39%, tre punti sopra la media regionale ma in discesa rispetto a cinque anni fa.
Brillante la performance dei candidati del collegio Firenze 3. Brenda Barnini è stata eletta in Consiglio regionale con 13.682 preferenze (50,28% dei voti Pd), risultando la quarta più votata del PD in Toscana e la seconda donna per numero di preferenze. Ottimo anche Giacomo Cucini, con 7.588 preferenze (27,89%), votato da quasi un certaldese su tre e undicesimo tra i democratici più votati della regione.
L'Empolese Valdelsa si conferma così modello di coesione interna per un partito che, altrove, fatica a ritrovare la stessa compattezza.

Una regione che cambia, ma non si consegna al disincanto

Le elezioni toscane del 2025 raccontano una realtà in trasformazione: un centrosinistra che resiste grazie alla sua struttura territoriale, un centrodestra che non trova la chiave per parlare all'elettorato moderato e una partecipazione che continua a scendere.
La sfida ora è politica ma anche civica: riportare i cittadini al voto, dare senso e prospettiva a un sistema che rischia di vivere di inerzia.
Come ha detto lo stesso Giani, “la Toscana resta un punto di riferimento progressista”. Ma, a giudicare dai numeri dell'affluenza, il vero avversario non è il centrodestra — è l'indifferenza.

Se si votasse oggi: Fratelli d'Italia resta primo, ma il centrosinistra accorcia
Se si votasse oggi, la fotografia del Paese (lo studio arriva sempre da Demopolis per conto della trasmissione di La7) mostrerebbe un'Italia ancora guidata dal centrodestra, ma con un margine sempre più stretto.
Secondo le ultime rilevazioni citate dall'Istituto di Pietro Vento, Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni resterebbe primo partito con il 30,2%, in calo rispetto ai picchi del 2023 ma ancora davanti al Partito Democratico, che salirebbe al 23%, riducendo il distacco a circa sette punti.
Il Movimento 5 Stelle si attesterebbe intorno al 12,4%, mentre Forza Italia (8,8%) e Lega (8,5%) continuerebbero a contendersi il ruolo di seconda forza della coalizione di governo.
L'Alleanza Verdi–Sinistra cresce lievemente al 6,7%, mentre Azione (2,8%) e Italia Viva (2,5%) restano sotto la soglia di sicurezza per entrare in Parlamento.
Ma il dato più allarmante riguarda ancora una volta la partecipazione: il 40% degli italiani, secondo le stime, resterebbe a casa.
Un numero che conferma come la vera frattura della politica italiana non passi più tra destra e sinistra, bensì tra chi vota e chi non vota.
Il quadro, dunque, sarebbe quello di una maggioranza ancora saldamente in mano a Meloni, ma con un'opposizione che — se unita nel “campo largo” — potrebbe tornare competitiva, soprattutto in alcune regioni come la Toscana, l'Emilia-Romagna e la Puglia.
Un equilibrio instabile, destinato a pesare in vista delle prossime elezioni politiche del 2027.

L'analisi dell'Istituto Cattaneo: equilibrio intatto pur con la fuga dai seggi.

Secondo l'Istituto Cattaneo, la bassa affluenza al 47,7%, pur rappresentando un record storico negativo, non ha modificato gli equilibri politici consolidati in Toscana. che, dunque, torna a confermarsi come una regione saldamente orientata al centrosinistra, dopo l'unica parentesi di reale contendibilità del 2020.
L'istituto rileva che Pd (34,5%) e FdI (26,8%) consolidano le rispettive leadership regionali, con il Partito Democratico stabile e Fratelli d'Italia in forte crescita rispetto al 2020. All'interno delle coalizioni emergono invece dinamiche significative: nel centrosinistra la lista Casa Riformista (8,9%) supera Avs (7%), mentre il M5S arretra al 4,3%. Nel centrodestra Forza Italia (6,2%) migliora la propria performance e supera la Lega (4,4%), ormai ridotta ai minimi storici.
Sul piano dei flussi elettorali, l'analisi segnala che una parte degli elettori provenienti dalle liste liberaldemocratiche (Azione, Italia Viva, +Europa) si è dispersa: circa il 2% avrebbe sostenuto il candidato del centrodestra Alessandro Tomasi. Tra gli elettori del Movimento 5 Stelle si riscontra un tasso di astensione più alto della media, mentre una quota compresa tra l'1 e il 2% degli ex elettori di Avs avrebbe scelto Antonella Bundu.
Sul versante opposto, la Lega perde consensi a favore delle componenti più moderate del centrodestra, in particolare Forza Italia e la lista civica “È ora!”, nonostante la forte esposizione mediatica del generale Vannacci.
Il direttore dell'Istituto, Salvatore Vassallo, sottolinea infine che l'astensione, pur colpendo in misura leggermente maggiore il centrodestra, ha avuto effetti marginali sugli equilibri generali.