Lo scaldino di Pinocchio? Era stato fatto a Montelupo
08-12-2025 14:40 - Circondiario
Tra le tante proposte di Ceramica 2025 – la prima edizione invernale della manifestazione che, per tre fine settimana prima di Natale, celebra la tradizione montelupina – ce n’è una che merita davvero una sosta. Al numero 46 di Corso Garibaldi, in un fondo espositivo nel cuore del paese, è allestita la straordinaria collezione di scaldini di Paolo Scardigli, riunita sotto un titolo semplice ma eloquente: “Lo scaldino in Toscana”.
Curata dall’Unione fornaci della Terracotta insieme ad Anna Moore Valesi, la mostra racconta il ruolo fondamentale che questo oggetto domestico ebbe in Toscana tra Sette e Ottocento. In esposizione ci sono decine di esemplari, suddivisi per area di produzione e cronologia: eleganti, rustici, riccamente decorati. Un viaggio nella creatività popolare, che rivela quanto lo scaldino fosse parte integrante della vita quotidiana.
Tra tutti, uno cattura immediatamente l’attenzione: uno scaldino montelupino, legato nientemeno che a Pinocchio. Sì, proprio il burattino uscito dalla penna di Carlo Lorenzini, in arte Collodi. Un rimando che richiama alla mente anche i celebri Pinocchi realizzati dal maestro Eugenio Taccini, cui il Museo della Ceramica dedica in questi giorni una mostra commemorativa.
Lo scaldino risale alla fine dell’Ottocento, lo stesso periodo in cui Collodi pubblica Le avventure di Pinocchio (1883). Nel racconto, c’è un passaggio preciso in cui l’oggetto entra in scena: Pinocchio, «bagnato come un pulcino e rifinito dalla stanchezza e dalla fame», si siede appoggiando «i piedi fradici e impilliccherati sopra un caldano pieno di brace accesa». È un’immagine potente, che gli illustratori hanno spesso scelto di rappresentare.
Il primo a farlo fu Enrico Mazzanti nell’edizione originale. Nel 1911, in un’altra celebre edizione, le illustrazioni furono affidate ad Attilio Mussino: quando deve disegnare lo scaldino, Mussino sceglie proprio un modello prodotto a Montelupo Fiorentino, lo stesso tipo di oggetto che – spiegano i pannelli della mostra – veniva realizzato nelle fornaci locali negli ultimi vent’anni dell’Ottocento.
Curata dall’Unione fornaci della Terracotta insieme ad Anna Moore Valesi, la mostra racconta il ruolo fondamentale che questo oggetto domestico ebbe in Toscana tra Sette e Ottocento. In esposizione ci sono decine di esemplari, suddivisi per area di produzione e cronologia: eleganti, rustici, riccamente decorati. Un viaggio nella creatività popolare, che rivela quanto lo scaldino fosse parte integrante della vita quotidiana.
Tra tutti, uno cattura immediatamente l’attenzione: uno scaldino montelupino, legato nientemeno che a Pinocchio. Sì, proprio il burattino uscito dalla penna di Carlo Lorenzini, in arte Collodi. Un rimando che richiama alla mente anche i celebri Pinocchi realizzati dal maestro Eugenio Taccini, cui il Museo della Ceramica dedica in questi giorni una mostra commemorativa.
Lo scaldino risale alla fine dell’Ottocento, lo stesso periodo in cui Collodi pubblica Le avventure di Pinocchio (1883). Nel racconto, c’è un passaggio preciso in cui l’oggetto entra in scena: Pinocchio, «bagnato come un pulcino e rifinito dalla stanchezza e dalla fame», si siede appoggiando «i piedi fradici e impilliccherati sopra un caldano pieno di brace accesa». È un’immagine potente, che gli illustratori hanno spesso scelto di rappresentare.
Il primo a farlo fu Enrico Mazzanti nell’edizione originale. Nel 1911, in un’altra celebre edizione, le illustrazioni furono affidate ad Attilio Mussino: quando deve disegnare lo scaldino, Mussino sceglie proprio un modello prodotto a Montelupo Fiorentino, lo stesso tipo di oggetto che – spiegano i pannelli della mostra – veniva realizzato nelle fornaci locali negli ultimi vent’anni dell’Ottocento.






