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Mettere in sicurezza il rio Bonistallo, una scelta lungimirante

04-11-2025 22:35 - Opinioni
di Gordon Baldacci

Dalle testate locali in questi giorni, andiamo ad estrapolare un argomento importante e se vogliamo è una buona anzi una ottima notizia per il nostro territorio ed il rischio idrogeologico in aumento in cui si trova.

L’amministrazione comunale torna a occuparsi del reticolo minore, in una città come quella di Empoli dove per paradosso, si ha un grande timore nei confronti dell’Arno, pensando sempre che possa portare i maggiori disagi, e si dimentica che più spesso le problematiche provengono da rii e fossi, non sempre rispettati nei loro corsi e che alla fine si ribellano a tracciati artificiali, con danni conseguenti che poi si riversano sulla popolazione.

Leggiamo con interesse che si va profilando la richiesta di un finanziamento alla regione per creare una cassa d’espansione per la messa in sicurezza del tratto finale del rio Bonistallo, responsabile a più riprese di aver creato non pochi disagi nei reparti al piano terra dell’ospedale cittadino. Inoltre si legge che tale finanziamento, andrà a interessare anche il rio Santa Maria, al rio Sant’Anna, al rio d’Avane e del rio Saettino a Marcignana. Opere importanti di vitale importanza, in un contesto climatico che si fa sempre più imprevedibile.

La domanda che sicuramente in tanti si saranno posti spontaneamente è un’altra. Che il rio Bonistallo abbia un ruolo decisivo sulla zona ospedaliera appare chiaro e non da oggi quindi viene da chiedersi, se questo corso d’acqua ha iniziato adesso a creare problemi oppure anche in epoche passate antecedenti alla costruzione dell’ospedale in quelle specifiche zone portava disagio alla popolazione? Le persone con qualche anno sulle spalle, ricorderanno una polemica politica locale nel 2014, a fronte di una delle piene dell’Arno più “scenografiche”, puntando sul timore che ci fosse il rischio della tracimazione, proprio dove era nato il nuovo ospedale di Empoli.

All’epoca ci furono prese di posizione da parte di alcuni esponenti delle opposizioni, e risposte oggettive, l’Arno in quel tratto per tutta una serie di motivazioni non era il problema. Ovviamente valutazioni non “politiche” ma supportate dai dati dell’Autorità di Bacino dell’Arno, e per chi ha la pazienza di cercare, sul web troverà dati, mappali, valutazioni tecniche e l’articolo giornalistico in cui, nero su bianco, viene fugato ogni dubbio razionale.

All’epoca però il reticolo minore almeno in apparenza sembrava non dare tutti i problemi attuali o perlomeno riscontrati negli ultimi sette- otto anni. Ovviamente siamo a conoscenza del fatto che il reticolo minore di cui fa parte il rio Bonistallo, viene chiuso alle cateratte solo in casi di piene di una certa rilevanza e quante di esse poi ne abbiamo in archivio negli ultimi cento anni?

I dati degli idrometri su Empoli e nelle zone adiacenti ci permettono di arrivare a dare una valutazione su quante ondate di piena del fiume si possono considerare “importanti” a tal punto da chiudere le cateratte. Attenzione, questo non significa che per ogni chiusura sia accaduto un disastro, semmai, possiamo ricostruire un quadro d’insieme in cui si va a considerare le “occasioni” di rischio sempre per il reticolo minore ma nello specifico del rio Bonistallo che oggi andiamo a prendere in considerazione.

La ricerca ci dimostra che per tutta una serie di motivi, quasi ogni anno in alcuni casi in passato anche con maggiore frequenza, l’Arno ha avuto la sua ondata di piena di un certo rilievo. Quindi a maggior ragione, il rio Bonistallo, avrebbe dovuto dare problemi anche venti, trenta, cinquanta anni fa e magari localmente in qualche caso, le sue piccole “esondazioni” le ha avute.

Del resto le vicende attorno a questo rio legato da sempre alla storia della nostra città, lo vede protagonista assoluto negli eventi della Seconda Guerra Mondiale, in particolare durante la liberazione della città nell'agosto 1944. La sua importanza storica deriva dal fatto che i carri armati Sherman (si dice) non potessero attraversarlo, costringendo i fanti ad avanzare a piedi nei combattimenti per il controllo della zona di piazza San Rocco e via delle Chiassatelle. Questo creò una situazione difficile per gli Alleati che dovettero combattere duramente per conquistare il centro abitato.

Negli anni sessanta con la maggiore cementificazione della zona partì una parziale intubazione del suo tratto cittadino, che consegna ai posteri un rio “tombato” ovvero che scorre in una condotta sotterranea avente più o meno lo stesso percorso, ma fuoriesce all’aperto a pochi metri dal viale Boccaccio per poi sfociare in Arno. In questo tratto finale era anche chiamato dagli abitanti “rio di Capecchio”. Teniamo presente quindi che se nei decenni scorsi con tempi di ritorno anche maggiori nelle fasi di picchi frequenti delle piene dell’Arno, tale rio aveva sicuramente problemi nell’immissione nell’Arno, all’epoca nella zona circoscritta alla sua immissione nel fiume non c’era una parte delle abitazioni attuali e neppure l’ospedale. Ragion per cui le normali oscillazioni climatiche riportano una/due piene l’anno dell’Arno di una certa importanza, il rio Bonistallo non può che ricondurci ai disagi attuali.

Quindi ci troviamo paradossalmente di fronte a due verità, apparentemente in contrapposizione. Vero che l’Arno in quel tratto ha minori probabilità di esondare (vuoi per morfologia locale, altitudine, portata) ma allo stesso tempo un rio di pochi metri nella Empoli attuale, e in quella che verrà, è diventato un problema che non si può non affrontare e che diciamolo con la massima tranquillità, i nostri “nonni” amministratori non avevano preso in considerazione questo fatto.

Intendiamoci, la “moda” dei rii e dei torrenti tombati in quei decenni del boom economico, ha contagiato la nazione intera, e non era certamente prerogativa locale solo su Empoli. Del resto anche nei decenni successivi si è seguito ovunque lo stesso schema. Si pensava a costruire e urbanizzare, decidendo al posto della natura dove obbligare i rii ed i piccoli torrenti, non considerando che poi tutto questo, avrebbe presentato il conto ai propri figli e nipoti. Eppure lo stesso clima presente allora suggeriva soluzioni diverse, come dimostra il nostro grafico storico, ma così non è stato.

La natura ed il clima però non ragionano con i parametri degli uomini e seppur in parte quest’ultimo mutato, ciclicamente ripresenta le sue sfide su un territorio che non è più quello di cinquanta o sessanta anni fa. Accoglierle e prevenirle come in questo caso sta facendo chi amministra la cosa pubblica, è non solo auspicabile, ma anche lungimirante. Forse l’unico modo per scendere a patti con l’ambiente che ci circonda e le nuove frequenti dinamiche meteorologiche che si vanno ponendo dinanzi a noi.