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Padre Sesto, maestro senza mai insegnare

02-09-2025 21:46 - Opinioni
di Eleonora Caponi e Simone Carli Ballola

Di cosa sono fatti i ricordi? Sono come una polvere impalpabile che copre leggera il nostro vivere quotidiano e quando, per caso o per circostanze, la soffi via ecco che appaiono immagini, suoni, sapori, profumi, voci. Non sono mai andati via. Sono stati lì da qualche parte ad aspettare quel soffio che in qualche modo li riportasse a noi, ad una nuova vita.

Quando abbiamo appreso della scomparsa di Padre Sesto, il primo ricordo è stata la nostra prima Fest’Unta da Capi Scout: Coeli Aula Giugno 1989. Da poco eravamo entrati nella Comunità Capi dell’Empoli 1 che all’epoca era il solo gruppo scout esistente a Empoli: una comunità capi di grande spessore, partecipata da numerosi capi giovani e da capi con grande esperienza, come Rosella e Roberto Pallicca. Ci avevano affiancato a Pepi e Simona a cui era stato affidato il compito di avviare la sperimentazione di un gruppo nascente nella parrocchia di Serravalle, che sarebbe diventato poi l’Empoli 2.


Alla nostra prima Fest’Unta partecipammo con il Reparto e con il Branco: i ragazzi erano già tantissimi, tutti ancora con il fazzolettone dell’Empoli 1. Sesto era ovviamente lì, in mezzo a tutti. Seduto su un mezzo tronco di legno, un po' all’ombra sotto le fronde di un ulivo, davanti a sé aveva organizzato un fuoco su cui cuoceva i necci, i suoi famosi necci, con e senza ricotta: due vecchi “testi” in ferro, pesantissimi, ma che lui girava con maestria, dopo averci spalmato l’impasto di farina di castagne. Un po' bruciatini ai bordi, ma sottili e croccanti, andavano a ruba. Una merenda invernale, in pieno giugno, ma che faceva parte della tradizione di Coeli Aula, a testimonianza delle sue radici montanare e contadine, che le ritrovavi nel suo modo di camminare, di muoversi, di parlare.

Sesto era più persone insieme: assistente ecclesiastico, capo scout, manovale, cuoco di necci, consigliere spirituale e allo stesso tempo ragazzo tra i ragazzi. Ha lasciato un’impronta chiara nel sentiero di tutti gli scout che lo hanno incontrato: la solidità morale e spirituale che non gli è mai venuta meno. Il suo raccogliersi ad occhi chiusi, con la mano sulla fronte, per cercare quali fossero le parole più giuste per indicare la strada, per correggere fraternamente, per spiegare un passo più difficile del Vangelo.


E chi non ha mai bonariamente e affettuosamente invidiato la sua incredibile energia, il suo buttarsi in un cerchio a fare una danza come se avesse avuto sempre vent’anni? Sesto è lo scoutismo empolese: un pezzo della storia della nostra città. Maestro senza mai insegnare. Testimone di impegno e civismo senza mai rivendicare di esserlo. L’autenticità di una scelta di servizio che lo ha accompagnato fino all’ultimo momento della sua vita.

Di cosa sono fatti allora i ricordi? Di quel sapore indimenticabile di necci, misto all’erba tagliata di una Fest’Unta di tanti anni fa.