Slow food: "COP-30, le nostre richieste ai governi"
21-10-2025 14:37 - Cronaca
A partire dal 10 novembre si svolgerà a Belem la COP 30, nuova occasione per discutere a livello mondiale i temi dell'ambiente. Uno degli argomenti in discussione è quello dei biocombustibili.
Fonte: Ufficio stampa
Mettiamo in evidenza alcuni punti.
L'Italia ha deciso di portare in dote un potenziale disastro ecologico ed energetico, solo per garantire lunga vita alle auto a motore endotermico.
La proposta con cui ci vogliamo distinguere in Brasile è la stessa con cui ci stiamo distinguendo in Europa: far esplodere su scala globale la produzione e il consumo di biocarburanti, come alternativa al paradigma dominante: l'elettrico, sul quale siamo in drammatico ritardo.
I Biocarburanti sono un pericolo per la decarbonizzazione perché poco efficienti e perché entrano in competizione con l'agricoltura. In un mondo che va di corsa verso l'elettrico, il Governo vuole tenere in vita i motori endotermici anche se questo significa fare danni enormi e irreversibili ai suoli di tutto il mondo. Facile capire anche l'interesse del governo italiano: un settore oil & gas politicamente potentissimo in cerca di scappatoie da una transizione che non riesce a fare e un Automotive in disperata carenza di innovazione.
Ma perché i biocombustibili ci preoccupano così tanto? Innanzitutto, se consideriamo tutto il loro ciclo di vita, i biofuel generano addirittura il 16 per cento di emissioni di CO2 in più rispetto ai combustibili fossili che dovrebbero sostituire. E poi c'è la catena del valore: se dedichiamo l'agricoltura alla produzione di carburante per le automobili, cosa sarà dell'agricoltura, che deve affrontare anche lo shock climatico? Già oggi i suoli a biofuel potrebbero garantire il sostentamento di 1,3 miliardi di persone. Nel 2023, l'industria dei biocarburanti ha consumato circa 150 milioni di tonnellate di mais e 120 milioni di tonnellate di canna da zucchero e barbabietola da zucchero.
Se vogliamo parlare di efficienza, se usassimo solo il 3 per cento di quei suoli per l'energia solare, avremmo la stessa identica quantità di energia. Oggi usiamo 32 milioni di ettari di suolo agricolo (più o meno quanto l'Italia intera) per coprire solo il 4% del fabbisogno energetico globale. Per non parlare della futura deforestazione e perdita di torbiere che sarebbero causate dalle nuove coltivazioni di soia e palma per tenere il passo di una produzione quadruplicata.
Il discorso non è osteggiare del tutto i biocarburanti: in un processo complesso come la transizione energetica, tutte le soluzioni servono, ma a ogni soluzione va data la giusta dimensione: un uso ragionevole dei biofuel ci spinge a lasciarli ai settori che oggi non hanno alternative, come il trasporto aereo, che per molti decenni ancora non sarà in grado di elettrificare e per il quale una mezza soluzione sarebbe molto meglio che nessuna soluzione.
L'Italia ha deciso di portare in dote un potenziale disastro ecologico ed energetico, solo per garantire lunga vita alle auto a motore endotermico.
La proposta con cui ci vogliamo distinguere in Brasile è la stessa con cui ci stiamo distinguendo in Europa: far esplodere su scala globale la produzione e il consumo di biocarburanti, come alternativa al paradigma dominante: l'elettrico, sul quale siamo in drammatico ritardo.
I Biocarburanti sono un pericolo per la decarbonizzazione perché poco efficienti e perché entrano in competizione con l'agricoltura. In un mondo che va di corsa verso l'elettrico, il Governo vuole tenere in vita i motori endotermici anche se questo significa fare danni enormi e irreversibili ai suoli di tutto il mondo. Facile capire anche l'interesse del governo italiano: un settore oil & gas politicamente potentissimo in cerca di scappatoie da una transizione che non riesce a fare e un Automotive in disperata carenza di innovazione.
Ma perché i biocombustibili ci preoccupano così tanto? Innanzitutto, se consideriamo tutto il loro ciclo di vita, i biofuel generano addirittura il 16 per cento di emissioni di CO2 in più rispetto ai combustibili fossili che dovrebbero sostituire. E poi c'è la catena del valore: se dedichiamo l'agricoltura alla produzione di carburante per le automobili, cosa sarà dell'agricoltura, che deve affrontare anche lo shock climatico? Già oggi i suoli a biofuel potrebbero garantire il sostentamento di 1,3 miliardi di persone. Nel 2023, l'industria dei biocarburanti ha consumato circa 150 milioni di tonnellate di mais e 120 milioni di tonnellate di canna da zucchero e barbabietola da zucchero.
Se vogliamo parlare di efficienza, se usassimo solo il 3 per cento di quei suoli per l'energia solare, avremmo la stessa identica quantità di energia. Oggi usiamo 32 milioni di ettari di suolo agricolo (più o meno quanto l'Italia intera) per coprire solo il 4% del fabbisogno energetico globale. Per non parlare della futura deforestazione e perdita di torbiere che sarebbero causate dalle nuove coltivazioni di soia e palma per tenere il passo di una produzione quadruplicata.
Il discorso non è osteggiare del tutto i biocarburanti: in un processo complesso come la transizione energetica, tutte le soluzioni servono, ma a ogni soluzione va data la giusta dimensione: un uso ragionevole dei biofuel ci spinge a lasciarli ai settori che oggi non hanno alternative, come il trasporto aereo, che per molti decenni ancora non sarà in grado di elettrificare e per il quale una mezza soluzione sarebbe molto meglio che nessuna soluzione.
Non è la stessa cosa per l'auto e i trasporti su strada, dove invece una soluzione intera e pronta all'uso da anni c'è: l'elettrificazione. La domanda è quindi: cosa renderà l'Italia energeticamente indipendente? Puntare su vettori le cui materie prime sono importate per il 90 per cento con i conseguenti impatti o su tecnologie che permettono di ridurre l'energia (fossile) consumata dal settore, con la possibilità di produrla con sole e vento nostrani? Ancora una volta ci dobbiamo confrontare sul tema dell'uso dei suoli e del ruolo che debba svolgere l'agricoltura.
Vogliamo ribadire che le richieste principali di Slow Food ai governi sono:
1. Promuovere l'agroecologia: Superare l'agricoltura industriale e intensiva, favorendo sistemi agroecologici e investendo in pratiche sostenibili.
2. Riconoscere la sovranità alimentare: Garantire alle comunità il diritto di decidere come produrre e consumare cibo, riducendo la dipendenza da catene globali estrattive.
3. Ripensare la finanza climatica: Investire in progetti che proteggano la biodiversità e garantiscano il diritto al cibo, evitando la finanziarizzazione dei sistemi agroalimentari.
4. Garantire il diritto al cibo: Assicurare a tutti l'accesso a cibo sano, sostenibile e legato alla cultura locale.
5. Abbandonare i combustibili fossili: Ridurre l'uso di fertilizzanti sintetici e pesticidi, promuovendo energie rinnovabili.
6. Difendere i sistemi alimentari locali: Sostenere filiere corte, mercati contadini e alimenti stagionali per ridurre sprechi e emissioni.
1. Promuovere l'agroecologia: Superare l'agricoltura industriale e intensiva, favorendo sistemi agroecologici e investendo in pratiche sostenibili.
2. Riconoscere la sovranità alimentare: Garantire alle comunità il diritto di decidere come produrre e consumare cibo, riducendo la dipendenza da catene globali estrattive.
3. Ripensare la finanza climatica: Investire in progetti che proteggano la biodiversità e garantiscano il diritto al cibo, evitando la finanziarizzazione dei sistemi agroalimentari.
4. Garantire il diritto al cibo: Assicurare a tutti l'accesso a cibo sano, sostenibile e legato alla cultura locale.
5. Abbandonare i combustibili fossili: Ridurre l'uso di fertilizzanti sintetici e pesticidi, promuovendo energie rinnovabili.
6. Difendere i sistemi alimentari locali: Sostenere filiere corte, mercati contadini e alimenti stagionali per ridurre sprechi e emissioni.
Slow Food
Fonte: Ufficio stampa






